Nonostante il deciso recupero registrato nella seconda parte dell’anno, il 2020 dell’industria tecno-lapidea italiana si è chiuso – come ampiamente previsto – con una marcata flessione delle vendite sui mercati esteri, che rappresentano circa l’80% del fatturato totale del settore. Secondo i dati elaborati dal Centro Studi Confindustria Marmomacchine su base Istat, infatti, lo scorso anno il valore delle nostre esportazioni di macchine, impianti, attrezzature, utensili e consumabili per l’estrazione e la lavorazione della pietra naturale si è assestato sui 926 mln di euro, facendo segnare un calo del 16,1% rispetto ai 1.104 mln del 2019.
Analizzando retrospettivamente l’anno appena passato, una parziale consolazione è rappresentata dalla capacità di resilienza e di ripresa del comparto in un contesto di mercato fortemente segnato da un’emergenza sanitaria senza precedenti. Dopo il crollo osservato ad aprile in coincidenza della sospensione delle attività produttive (-80% la variazione mese su mese rispetto ad aprile 2019) e riverberatosi fino a maggio – quando si è registrata la contrazione tendenziale più ampia delle vendite all’estero, pari al -30% rispetto ai primi cinque mesi dell’anno precedente – le nostre esportazioni settoriali a partire da giugno si sono infatti gradualmente riallineate ai valori del 2019, risalendo a -17,6% nel 3° trimestre e, come detto, a -16,1% a fine anno. Secondo le prime proiezioni del Centro Studi Confindustria Marmomacchine questo trend di recupero dovrebbe continuare anche nel 2021, sebbene l’atteso rimbalzo probabilmente non consentirà ai produttori italiani di tecnologie lapidee di recuperare interamente le quote di export perse nel 2020, e occorrerà pertanto attendere il prossimo anno per tornare ai livelli pre-Covid.
Passando alla disamina dei Paesi di destinazione anche nel 2020 al 1° posto tra gli acquirenti di tecnologie Made in Italy per il marmo si sono attestati gli Stati Uniti, dove le nostre esportazioni, in virtù di un ottimo secondo semestre, hanno completamente recuperato i livelli del 2019 (+1,2%), sfiorando i 140 mln di euro. Al 2° posto troviamo l’Egitto, che grazie ad un incremento di ordinativi del 63,1% rispetto all’anno precedente ha raggiunto i 128,4 mln, confermandosi tra le aree più dinamiche degli ultimi anni. La crescita registrata nei nostri primi due mercati di riferimento non è bastata tuttavia a compensare l’arretramento generalizzato delle vendite in Ue: se la diminuzione è stata relativamente contenuta per l’export verso la Spagna (-10,8%), 3° Paese di destinazione con 66 mln, è stata invece ben più marcata in Germania (-20,7%, 4° a 45,5 mln), oltre che in Polonia (-21,6%, 6° a 32,6 mln), Portogallo (-42,5%, 7° a 30,5 mln) e Francia (-21,8%, 8° a 29,9 mln). Molto buono, al contrario, l’andamento delle esportazioni verso l’Uzbekistan (+86,6%, 5° a 33 mln), la Turchia (+134,7%, 9° a 25,5 mln) e la Russia (+9,5%, 10° a 25,2 mln). Per completare il quadro di questo “annus horribilis” si segnala infine la debacle delle nostre vendite in alcuni storici mercati di riferimento come Regno Unito (-40,1%, a 24,5 mln), India (-71,2%, a 16,8 mln), Brasile (-55%, a 16,5 mln) e Algeria (-63,9%, a 8,6 mln), che sono usciti dalla Top 10 dei Paesi di destinazione settoriale.
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